Tra letteratura e musica
RESOCONTO DI UN’ESPERIENZA
Idee per un percorso multidisciplinare a scuola
di Magda Ronzino
Liceo Classico, Scienze Umane e Musicale
“A. Casardi” di Barletta
1. Nascita di un progetto. L’idea di realizzare e socializzare un’esperienza didattica nasce
all’esigenza di rinnovare impostazioni tradizionali adeguandole agli stili apprenditivi dei
nuovi giovani, ovvero di questa generazione di alunni abituata ad un approccio globale
alle varie sfumature della realtà, capace di forte trasversalità e collegamento orizzontale
fra i saperi e, soprattutto, ben disposta ad essere il fulcro operativo dell’azione didattica
stessa. L’obiettivo è quello fin troppo chiaro di avvicinare i giovani ad un colloquio
diretto e personale con testi d’autore, capolavori della letteratura italiana e mondiale, che
rischiano di essere letti stancamente dai più, nella migliore delle ipotesi, come un atto
dovuto e coercitivo, senza magari sospettare quante risposte potrebbero con grande
stupore, invece, trovarvi.
L’esperienza di cui parleremo si inserisce in questo tracciato e
propone un’unità didattica di apprendimento sperimentale (U.d.A.) in una classe quinta
di scuola secondaria di II grado. Poche ore all’interno di un percorso modulare più
ampio (“Incontro con l’autore”) in cui si è cercato di portare avanti in parallelo
riflessioni multidisciplinari non estemporanee relative a letteratura e musica. Senza
dubbio, la scelta è stata facilitata dal fatto che la classe in questione è una quinta Liceo
Musicale e dunque, spontaneamente, le ragazze e i ragazzi hanno aderito avanzando loro
stessi idee e proposte competenti e a tratti illuminanti, arricchendo così di molto
l’impostazione talvolta rigida di alcuni manuali di testo, ma soprattutto vivificando il
consueto approccio allo studio.
Ma andiamo con ordine: innanzitutto, perché la scelta
della multidisciplinarietà. La specializzazione del sapere odierno - e dunque,
specularmente, la rigida divisione tra discipline nella scuola - offre indiscussi vantaggi in
termini di approfondimenti in verticale e conoscenze tecniche, ma potrebbe
innegabilmente contribuire a far perdere quella capacità di comprensione globale della
realtà che solo un’ottica multidisciplinare in qualche modo salvaguarda e consolida e con
cui – a conti fatti – tutti siamo chiamati a confrontarci nella quotidianità. Ed ecco, allora,
che ritorna viva e vincente più che mai l’idea di una scuola non avulsa dal contesto e
dalle esigenze reali, che insegni a ragionare e a procedere anche molto astrattamente -
nella convinzione che i saperi cosiddetti astratti contribuiscano alla formazione del
pensiero forte più di altri -, ma che poi sappia tradurre quegli stessi saperi astratti in
abilità competenti a interpretare e plasmare il vissuto quotidiano.
2. Strategie didattiche iniziali. Di conseguenza, il primo passo è stato di tipo motivante -
ma su questo, come già spiegato, non si è dovuta fare gran fatica - e soprattutto di tipo
coinvolgente, nel senso che, in un’ottica di didattica ribaltata o capovolta, sono stati gli
alunni a partorire idee, possibili percorsi e strutturazione degli stessi grazie alla strategia
del brainstorming, in cui la funzione della docente è stata quella di “provocare”
tacitamente il risveglio di pensieri, interessi e curiosità e offrire un canale espressivo per
dare loro una forma. Si conferma, dunque, un passaggio imprescindibile partire in ogni
azione didattica dalla conoscenza dei bisogni formativi e soprattutto dagli interessi reali
degli allievi.
3. Contenuti specifici. Il tema scelto è stato “Giacomo Leopardi tra musica e musicalità” su
cui si è realizzata una didattica “a reticolo” tra letteratura e coeva produzione musicale in
stretta collaborazione coi docenti delle altre discipline coinvolte.
Primo fra tutti è stato
approfondito dai ragazzi il legame profondo con l’arte di Fryderyk Chopin (1810-1849) -
per quanto il poeta privilegiasse le composizioni di Gioacchino Rossini (1792-1868),
come ci fa sapere egli stesso, e avesse grande vicinanza di pensiero con un’altra ben nota
personalità musicale del momento, Robert Schumann (1820-1856). Contestualmente,
sono stati indagati gli effetti fonici dei versi leopardiani che, per la loro ben nota
indeterminatezza, rappresentano un’originale partitura musicale, con pause e sospensioni
della parola che valgono il più delle volte e a tutti gli effetti come autentiche battute
musicali. Il lavoro prodotto non ha avuto alcuna pretesa di esaustività - essendo stato in
buona parte realizzato dagli alunni e per gli alunni -, né è stato scelto un approccio
troppo teorico, che si sarebbe ben allontanato dagli obiettivi e dal modus operandi tipico
della scuola.
4. Ancora strategie didattiche e centralità dei testi. Una volta, dunque, concordati il tema
e le modalità operative, i ragazzi, divisi in gruppi (nella modalità del cooperative
learning formale, preferito in questo caso a quello informale per garantire maggiore
stabilità organizzativa), hanno innanzitutto effettuato una ricerca multimediale sui
riferimenti alla musica presenti in quello che fu un autentico laboratorio poetico ovvero
lo “Zibaldone”, il testo più consultato in questa fase, soprattutto per quanto riguarda i
pensieri compresi tra la primavera e l’autunno del 1821 e l’estate e l’autunno del 1823.
Hanno inoltre ricostruito la biografia dell’autore mettendo in evidenza ogni contatto che
il poeta recanatese ebbe con la musica sin dall’infanzia, in cui amatissimo fu proprio il
suono, cercato poi in ogni fase della sua vita, anche dopo il “gran disastro” avvenuto
proprio alla fine della sua infanzia con il crollo delle illusioni giovanili. I risultati non
potevano che essere sconcertanti per numero e intensità del contenuto. Colpisce da
subito la grande considerazione che egli ebbe della musica e il confronto con tutte le
altre arti che, secondo Leopardi, “imitano ed esprimono la natura da cui si trae il
sentimento”, mentre solo la musica “non imita e non esprime che lo stesso sentimento in
persona, ch’ella trae da se stessa e non dalla natura” (Zibalbone, 79): nessuna
mediazione, insomma, tra musica e animo umano. Piuttosto, un rapporto privilegiato con
la prima che, capace di giungere direttamente al centro dell’uomo e delle sue facoltà,
svolge un ruolo vivificante e - per così dire - energetico, compensatore di finitezze e
fallimenti continui, contribuendo ad alimentare quel forte attaccamento alla vita e quella
profonda aspirazione all’assoluto che connotarono intensamente l’essenza del poeta.
“Chi teme, canta” (Zib., 3527): parole icastiche che, pure, hanno generato una lunga
riflessione tra i ragazzi, colpiti dalla straordinaria modernità insita in questa
affermazione. Una ricerca incrociata con la biografia del recanatese ha dimostrato che
tale pensiero risale alla fine del 1823 (26-27 settembre), di poco successivo, dunque,
all’esperienza tanto agognata ma di fatto inefficace del viaggio di sei mesi a Roma
presso gli zii Antici. Una delusione cocente, a tratti disperata, parzialmente consolata
attraverso un “canto” poetico liberatorio e rassicurante, spesso solitario, tuttavia l’unico
capace di trasmettere “una meravigliosa forza sull’animo”. Legame tra suono e parola,
tra musica e verso che i ragazzi colgono immediatamente, a partire dalla riflessione sul
titolo scelto per tutta la raccolta delle sue principali liriche, ossia i Canti, che in maniera
più esplicita contiene il rimando a tale indissolubile legame.
5. Effetti inattesi. Difficile, a questo punto, che anche l’alunno più introverso non
intervenga a raccontare la propria esperienza, e nel farlo, inconsapevolmente ma anche
straordinariamente, ponga se stesso a paragone con l’io leopardiano, non più così
distante o astratto, quest’ultimo, né nel tempo né nello spazio: “potenza” di una didattica
rinnovata che attualizza i contenuti appresi, che sposta il centro dell’attenzione sul testo
e sul lettore, che intende individualizzare i grandi messaggi del passato, senza mai
tralasciare lo studio fedele e oggettivo del pensiero originario dell’autore, ma che a ciò
aggiunge un contributo unico, personale, destinato a rimanere nella memoria di ciascuno
ragazzo. L’attività così svolta si basa sul role playing, una delle poche strategie
didattiche che, nonostante i tempi decisamente non brevi di esecuzione, consente
l’attivazione forte di meccanismi empatici, di immedesimazione, di dislocazione dei
punti di vista e di comprensione delle posizioni altrui. Il coinvolgimento emotivo è
infatti notevole e costituisce di solito il principale movente per un effettivo
apprendimento personalizzato.
6. Biografia “competente”: riflessioni. Lo studio della biografia del poeta può, dunque,
essere “ragionato” in classe ed essere condotto per verificare quanto - per esempio - la
musica fosse praticata in casa Leopardi. I libri di testo allora vengono integrati (e in parte
sostituiti) con il frutto delle ricerche dei singoli gruppi di allievi. Con sorpresa e piacere
emerge che un po’ tutti i membri della famiglia si interessavano alla musica, perfino il
conte Monaldo che ebbe l’indiscusso e arguto merito della continua implementazione
della biblioteca di famiglia, ma che di fatto non si smentì mai come reazionario ed
opprimente controllore dei figli, di Giacomo in particolare. Eppure, dalla ricerca risulta
che anch’egli amava parlare di musica (specie se sacra) ed ebbe il grande merito di
fondare a Recanati un nuovo e ancora attuale teatro (“Persiani”). Per non parlare del
fratello Luigi, morto a soli ventiquattro anni, buon suonatore di flauto ed avido
“ricercatore” di nuovi spartiti e partiture su cui esibirsi. Poi c’era l’altro fratello, Carlo,
grande appassionato dell’Opera e desideroso di procurarsi un pianoforte “perché la casa
ne era sprovvista”, come scrisse in una lettera a Giacomo il 26 gennaio 1823. Anche la
sorella Paolina, amatissima da Giacomo, si intendeva di musica: dalle ricerche online
condotte emerge che tradusse una biografia di Mozart, si occupava di articoli di
argomento musicale per il giornale fondato e diretto dal padre Monaldo “La voce della
ragione” ed usava informare spesso nelle sue lettere il fratello Giacomo - gran
frequentatore di spettacoli teatrali - circa le manifestazioni che si svolgevano a Recanati
e dintorni. “La musica se non è la mia prima, è certo una mia gran passione, e
dev’esserlo di tutte le anime capaci di entusiasmo”, scriveva Leopardi in una lettera a
Paolo Brighenti il 28 aprile 1820. Rendere operativi gli alunni nella ricerca di dati che
inseriscano la figura dell’artista nel contesto familiare quotidiano e arricchirne la
biografia in maniera ragionata con riferimenti utili alla ricostruzione, in questo caso,
dell’interessamento per la musica sin dalla più tenera età, spinge davvero gli alunni ad
avvertirlo meno distante dal loro tempo, forse più vivo e “umano”, con grande vantaggio
per l’apprendimento in generale. E’ un’esperienza fattibile che può essere proposta in
sostituzione dell’arida memorizzazione delle stanche e spesso parziali biografie presenti
sui libri di testo, anche del triennio.
7. Il percorso si costruisce da sé. E ancora scriveva nell’ottobre del 1821 “Dico che
l’effetto della musica spetta principalmente al suono. Voglio intender questo. Il suono (o
canto) senz’armonia e melodia non ha forza bastante né durevole anzi non altro che
momentanea sull’animo umano. Ma viceversa l’armonia o melodia senza il suono o
canto, e senza quel tal suono che possa esser musicale, non fa nessun effetto... Ma io
attribuisco l’effetto principale al suono perch’esso è propriamente quella sensazione a
cui la natura ha dato quella miracolosa forza sull’animo umano…; e sebbene egli ha
bisogno dell’armonia, nondimeno al primo istante, il puro suono basta ad aprire e
scuotere l’animo umano (Zib., 1935). Il giovane Leopardi riteneva, inoltre, secondo una
concezione impossibile non definire modernissima, che “l’effetto naturale…della musica
in noi…deriva dal suono, il quale ci elettrizza [la sottolineatura è nostra] e scuote al
primo tocco quando anche sia monotono”. L’esperienza della lettura della notissima
lirica “L’infinito” si inserisce allora a questo punto, ad alta voce, in classe. Attesissima e
preparata da una serie di meditate anticipazioni già dalle lezioni precedenti. Si abbassano
le luci, i ragazzi provano a socchiudere gli occhi e a lasciarsi trascinare dal suono di quei
versi così intimamente musicali. Innanzitutto per il richiamo già dal terzo verso alla
“voce” del vento che, comparato a “quello infinito silenzio” fa sovvenir “l’eterno”,
stimolando così la percezione dell’assoluto. Non più solo da parte del poeta, ormai.
Attraverso la strategia didattica dello scaffolding i ragazzi costruiscono in progressiva e
responsabile autonomia un’analisi il più possibile dettagliata dei richiami al senso
dell’udito, più numerosi rispetto a quelli della vista, con immagini, dunque,
eminentemente sonore come i “sovrumani silenzi” e la “profondissima quiete”, l’“odo
stormir tra queste piante”, “a questa voce vo comparando” e “il suon di lei”. L’analisi
delle figure retoriche, poche, selezionate e meditate, porta nella stessa direzione. I
ragazzi procedono ad un vero e proprio “screening” che permette loro di osservare che
tra le più amate da Leopardi ci sono enjambement ed iperbati, di solito adoperati in
poesia con funzioni opposte, qui, invece, mescolati come per creare un effetto
complessivo molto musicale, di vivissimo movimento, di rapido cammino, quasi di
sbalzo forte e continuo verso la fine del discorso che contiene l’approdo ad una infinità
prevalentemente sonora a lungo attesa e desiderata. Gli enjambement, infatti, collegano
in un tutt’uno parole appartenenti a versi in successione; gli iperbati dissociano e
invertono i pensieri dal loro ordine naturale. Vengono tutti registrati con ordine sui
quaderni e di ognuno si tenta di fornire una spiegazione non solo tecnica ma
prevalentemente contenutistica: il risultato è una continua conferma del ritmo e della
musicalità che precede e sottende ogni parola, una sorta di “paesaggio sonoro” o
soundscape che esiste già prima della parola leopardiana e che poi con essa si fonde con
magistrale abilità in un tutt’uno indissolubile. Di seguito, si procede rapidamente ad
individuare tutte le altre figure retoriche e ad analizzare persino gli iati presenti nel testo
(a partire da “quello Infinito”, vv. 9-10), considerati anch’essi dalla critica “momenti di
silenzio inclusi nel ritmo”.
8. Idee per applicazioni pratiche. I richiami espliciti alla musica possono poi continuare,
ben oltre lo “Zibaldone” o il notissimo “Infinito”. Un lavoro interessante può essere, a
questo punto, ricercare e raccogliere in un database o portfolio digitale, facilmente
consultabile anche in seguito, quanti più riferimenti espliciti al suono e alla musica
presenti nell’opera leopardiana. In questa attività a ciascun discente, anche ragazzi
provenienti da situazioni traumatiche, viene lasciato il modo per esprimere attivamente
le facoltà e - soprattutto - le proprie potenzialità nei giusti tempi, in cui il docente si
“decentra” (è la terza fase della strategia didattica dello scaffolding, detta fading o
appunto “dissolvenza”), favorendo così la dinamizzazione dell’apprendimento
significativo. Un sintetico esempio dei risultati conseguiti è il seguente:
“Ed io timido e cheto ed inesperto, / ver lo balcone al buio protendea / l’orecchio
avido e l’occhio indarno aperto, / la voce ad ascoltar…” (Il primo amore, vv. 43-
46);
“ed alla tarda notte / un canto che s’udia per li sentieri / lontanando morire a poco a
poco…” (La sera del dì di festa, vv. 43-44);
“e di fanciulla / che all’opre di sua man la notte aggiunge / odo sonar nelle romite
stanze / l’arguto canto…” (La vita solitaria, vv. 63-66);
“Sonavan le quiete / stanze, e le vie d’intorno, / al tuo perpetuo canto…” (A Silvia,
vv. 7-9);
“D’in su i veroni del paterno ostello / porgea gli orecchi al suon della tua voce, / ed
alla man veloce / che percorrea la faticosa tela” (A Silvia, vv. 19-22);
“Ed erra l’armonia per questa valle…” (Il passero solitario, v. 4);
“Odi per lo sereno un suon di squilla, / odi spesso un tonar di ferree canne, / che
rimbomba lontan di villa in villa.” (Il passero solitario, vv. 29-31);
“Viene il vento recando il suon dell’ora / dalla torre del borgo. Era conforto / questo
suon, mi rimembra, alle mie notti…” (Le ricordanze, vv. 50-52);
“Tacque: né molto andò, che a lui col suono / mancò lo spirto” (Consalvo, vv. 149-
150);
“cantando, con questa melodia, / l’estremo albor della fuggente luce” (Il tramonto
della luna, vv. 16-17); “Per ogni diletto e ogni contentezza che hanno, (gli uccelli)
cantano, e quanto è maggiore il diletto o la contentezza, tanto più lena e più studio
pongono nel cantare” (Operette morali, Elogio degli uccelli);
“…certo fu notabile provvedimento della natura l’assegnare a un medesimo genere
di animali il canto e il volo; in guisa che quelli che avevano a ricreare gli altri
viventi colla voce, fossero per l’ordinario in luogo alto; donde ella si spandesse
all’intorno per maggiore spazio, e pervenisse a maggior numero di uditori.” (Op.
mor., Elogio degli uccelli).
9. Proposte di lettura. La ricerca testuale non è certo conclusa, ma ha dimostrato con
chiarezza quanto il suono e la musica più in generale costituiscano per Leopardi
un’importante e vitalissima eccezione alla sua visione pessimistica e materialistica. Ben
nota è infatti la definizione di natura come “perpetuo circuito di produzione e
distruzione” espressa nel maggio del 1824 nel “Dialogo della Natura e di un Islandese”,
contemporaneo all’Elogio degli uccelli, la più lieta delle sue “Operette morali” scritta tra
l’ottobre e il novembre dello stesso anno. In essa l’idea del mondo pare decisamente
ribaltata: c’è un’esplosione di letizia, che prende il posto della vana attesa di una felicità
che tarda a venire, momento dopo momento. Questa volta coincide col presente e si
esprime in una prosa ricca di movimento e grazia in cui, nelle ultime righe, Leopardi si
augura anche solo “per un poco di tempo, di essere convertito in uccello, per provare
quella contentezza e letizia della loro vita”. Strana ma significativa coincidenza di date,
dunque, che spesso sfugge anche ai più illustri manuali scolastici, quasi tutti concentrati
nel riproporre con piccole varianti stessi testi, tutti nello stesso ordine, e stessi commenti:
da anni un tracciato unico, da cui sono categoricamente esclusi altri passi non meno
fondamentali, proprio come questo Elogio degli uccelli - solo per citarne uno: è il
cosiddetto “canone”, da cui è oggettivamente difficile scostarsi se non a costo di una
lunga ricerca parallela di testi in fotocopia che spesso porta a sfinimento anche l’alunno
più preciso e scrupoloso, ma che meriterebbe un’ampia e più partecipata discussione tra
gli addetti ai lavori del mondo della scuola. Un’osservazione molto simile può infatti
essere fatta per un altro testo pressoché sconosciuto, “Il canto della fanciulla” (di cui si
ripropone qualche verso), composto probabilmente a Pisa nell’aprile del 1828, coevo,
questa volta, della ben più nota e amarissima “A Silvia”:
“Canto di verginella, assiduo canto,
che da chiuso ricetto errando vieni
per le quiete vie, come sì tristo
suoni agli orecchi miei? perché mi stringi
sì forte il cor, che a lagrimar m’induci?
E pur lieto sei tu, voce festiva
de la speranza: ogni tua nota il tempo
aspettato risuona…”
Ancora coincidenze cronologiche di stesura con esiti del tutto opposti che, se
opportunamente indagate, potrebbero rafforzare l’idea di una irresistibile forza
nell’uomo Leopardi e un attaccamento vigoroso alla vita più di ogni altra cosa e
nonostante ogni cosa. Forse anche una sorta di “leggerezza” in lui, ben evidente nella
musicalità sottesa ad ogni verso, che, insita e comunque in lotta con la sua gravità,
come direbbe Italo Calvino, non significò certo per il poeta distacco o superficialità,
ma, forse solo disperatamente evitare che le cose cadessero addosso come macigni,
reagendo così al peso di vivere. Nulla di più straordinariamente attuale, che i ragazzi
non fanno fatica alcuna a seguire, e capire, e interiorizzare.
10. Sperimentazioni multidisciplinari. Sperimentare percorsi così innovativi ed “elastici”,
plasmati sapientemente sulla fisionomia della classe, porta ad esiti inattesi, dicevamo.
Fra questi, la proposta finale di accompagnare alcuni fra i testi più noti del recanatese,
sia nel senso della recitazione con accompagnamento musicale e sia come possibile
“canto” delle liriche stesse. Operazione solo in apparenza semplice o banale; al
contrario, ardita e complessa, che è costata lezioni intere a confrontare, grazie
all’ausilio delle TIC in classe, partiture musicali con lunghezza di versi e cesure varie
delle poesie studiate. Il momento più originale e significativo è stato scoprire
l’efficacia di accostamenti originali e inconsueti, non solo tra tali testi e brani tratti dai
“Notturni” o dai “Preludi” di Chopin, ma anche con basi musicali più recenti o
addirittura contemporanee. Tutte selezionate con grande raffinatezza e perizia non solo
per l’affinità con pause e lunghezze metriche - come già spiegato -, ma anche in base al
ritmo, rispettoso della grave pensosità leopardiana e al tempo stesso capace di
improvvisi slanci, intensi e vigorosi, verso l’infinito. Sono così emerse, grazie alle
intuizioni dei ragazzi, straordinarie coincidenze ritmiche tra le strofe del “Canto
notturno di un pastore errante dell’Asia” e la nostalgica e intensissima “One day /
Reckoning song”, rigorosamente nella versione con pianoforte del cantante israeliano
Asaf Avidan, in cui il suono solitario e prevalente dello strumento pare riprodurre alla
perfezione il canto malinconico e pure vitale del pastore alla ricerca di risposte ai suoi
interrogativi. Incredibili accostamenti, motivati dal fatto che per il poeta la lirica
sarebbe stata tanto più perfetta quanto più fosse stata vicina alla musica, notati anche
tra “L’infinito” e la versione più lenta e strumentale di “The house of the rising sun”,
canzone cult degli anni ’60. In essa il vertiginoso aumento di ritmo nella parte centrale
ben esprime il positivo senso di smarrimento dell’uomo di fronte all’esperienza
dell’assoluto, appena sfiorato e già in grado di “far annegare il pensier”, proprio come
diceva Leopardi. E infine, tra la musicalità dura e martellante del dolorosissimo “A se
stesso”, il testo dell’abbandono definitivo da parte di Leopardi di ogni forma di lotta
per la felicità, e “The fosse” per pianoforte e archi di Wim Mertens, in cui la voce
recitante, quasi persa e mozzata, riesce comunque a gridare un dolore
straordinariamente energico perché perfettamente musicabile.
11. Conclusioni. Ci siamo fermati qui, in classe. Avremmo potuto osare oltre, ma il tempo
non sarebbe stato sufficiente. È bastato, e a sufficienza questa volta, a far capire ai
ragazzi e, non meno, agli adulti che - grazie a esperienze come questa - per arrivare
all’infinito, tutto sommato, non è necessario chiudere gli occhi e sognare. Basta
sapientemente guardarsi attorno.
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Riferimenti bibliografici Materiale di consultazione:
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http://www.centrostudileopardiani.it/pdf/guarracino%20leopardi%20e%20la%20musica.pdf
https://www.clune.com/webpages/1303381518332086/la_musica_e_la_mente_umana/italiano.html
http://www.agiati.it/UploadDocs/5276_art_02_cagnoli.pdf